IL CONTRATTO DI DISTRIBUZIONE ED ALTRI STRUMENTI DI TUTELA

Nel corso degli ultimi anni, com’è noto, i produttori di vini italiani hanno incrementato significativamente la quota di vendite all’estero e la ricerca di nuovi mercati internazionali.

Il grande apprezzamento all’estero del vino e degli altri prodotti agroalimentari espressione del Made in Italy rappresenta indubbiamente una grande opportunità di crescita e di diversificazione del mercato, anche alla luce della perdurante flessione dei consumi e della crisi del mercato interno.

La commercializzazione dei vini italiani all’estero richiede, peraltro, una pianificazione adeguata delle varie attività necessarie per il raggiungimento di risultati soddisfacenti: dall’analisi dei mercati alla strategia commerciale, dalle tematiche fiscali e doganali a quelle legali.

 

Nell’ambito di tali tematiche, ci si intende soffermare sui principali contratti e strumenti legali che possono essere utilizzati nel commercio internazionale a garanzia dell’esportatore italiano, con riserva di approfondire in successivi articoli gli specifici strumenti legali che possono essere utilizzati dell’esportatore di vini e delle rispettive caratteristiche.

In termini generali, l’impresa italiana esportatrice può scegliere tra diverse tipologie organizzative e di commercializzazione che comportano un crescente livello di coinvolgimento del soggetto estero, ossia: (i) distribuzione senza organizzazione all’estero e vendita diretta; (ii) distribuzione attraverso organizzazione di terzi all’estero, coordinata e soggetta all’indirizzo dell’azienda italiana, (iii) E-commerce; e (iv) presenza diretta dell’azienda esportatrice all’estero, mediante filiali o joint-venture con soggetti stranieri.

La scelta tra le diverse tipologie di canali di vendita internazionale va fatta in modo oculato in funzione delle esigenze dell’azienda e del paese o dell’area geografica prescelta, tenendo conto che ad ogni tipo di commercializzazione corrisponde una specifica disciplina giuridica, fiscale e doganale, fortemente differenziata tra le varie forme di distribuzione. Va evidenziato che, in taluni casi, la scelta di struttura di commercializzazione da parte dell’azienda non è totalmente libera, ma può essere condizionata dalla tipologia di mercato o dalla normativa del paese straniero (in alcuni paesi, ad esempio, la presenza di un importatore del vino è sostanzialmente necessaria).

Si riassumo sinteticamente qui di seguito le varie tipologie organizzative per la commercializzazione dei prodotti all’estero.

(i)    Distribuzione senza organizzazione all’estero.
Rientrano in tale gruppo la vendita diretta a clienti stranieri, a seguito per esempio di ordini diretti o nell’ambito di fiere. Tali modalità di vendita costituiscono le soluzioni meno impegnative in termini di struttura, ma talora difficilmente praticabili e con risultati limitati.
(ii)    Distribuzione attraverso organizzazione di terzi all’estero.
Si tratta delle strutture di commercializzazione più diffuse, mediante le quali dei terzi stabiliti all’estero organizzano la distribuzione dei prodotti dell’esportatore in modo stabile e duraturo (gli agenti, i concessionari-distributori o importatori) o promuovono le vendite in modo occasionale (i procacciatori d’affari).
Di particolare rilevanza sono le figure dei distributori/importatori e degli agenti, che consentono all’azienda esportatrice di usufruire di una struttura organizzativa che potrà essere indirizzata in larga parte secondo le sue direttive, commerciali e non, pur non essendo a carico dell’azienda stessa.
Elemento comune a tali figure è la stabilità e la durata del rapporto con l’azienda esportatrice, caratterizzato dalla continuità di prestazioni che si protraggono nel tempo.
La differenza principale tra gli intermediari in senso stretto (agenti e procacciatori) ed i distributori/importatori è che i primi trattano per conto (e talora anche in nome) del preponente, mentre i secondi agiscono in nome proprio.
Gli agenti promuovono la conclusione di contratti in cambio di una provvigione, i distributori/importatori operano come acquirenti-rivenditori e vengono remunerati attraverso un margine (differenza tra prezzo di acquisto e di rivendita).
(iii)    E-commerce.
Un’ulteriore canale di vendita all’estero è rappresentato dall’e-commerce, che costituisce un fenomeno in crescita significativa. Va tenuto conto che la realizzazione ed utilizzazione di un’e-commerce con vendita all’estero implica la gestione di varie tematiche, incluse quelle di natura fiscale, logistica e legale.
(iv)    Presenza diretta all’estero.
Altra possibilità per commercializzare i propri prodotti all’estero è quella di costituire una propria presenza diretta all’estero, quale una filiale od una sede secondaria. Rientrano in tale categoria la costituzione di joint-ventures con soggetti locali o la costituzione di una società direttamente controllata dall’impresa esportatrice.

La commercializzazione all’estero di un prodotto - in particolar modo per il vino, che è soggetto ad una regolamentazione ampia e dettagliata e diversa per i vari paesi – comporta dei rischi e delle criticità, tra cui, a titolo esemplificativo, la possibilità di insoluti nei pagamenti internazionali, il fallimento o l’insolvenza del soggetto estero, la necessità di conformarsi alla normativa locale, il rischio paese, la concorrenza sleale, il mancato rispetto dei requisiti di etichettatura del mercato locale, le violazioni del marchio e le pratiche commerciali scorrette del soggetto estero.

Per gestire e ridurre tali rischi e criticità si rende necessario predisporre una adeguata contrattualistica, che disciplini in modo chiaro e completo il rapporto.

Il contratto rappresenta quindi un essenziale strumento di tutela degli interessi dell’impresa italiana che vende e commercializza i propri vini sui mercati internazionali, al fine di prevenire o comunque risolvere le eventuali controversie con il soggetto straniero, di regolare i reciproci diritti ed obblighi delle parti e di limitare eventuali responsabilità dell’esportatore.

Va inoltre ricordato che in alcuni paesi esteri la redazione di un contratto scritto rappresenta una necessità (in Russia, ad esempio, il contratto scritto il contratto scritto è necessario per ottenere il certificato di conformità dei prodotti).

 

Uno degli strumenti maggiormente utilizzati per la commercializzazione del vino sui mercati esteri è rappresentato dal contratto di distribuzione.

In molti paesi, infatti, tra cui gli Stati Uniti d’America e la Federazione Russa, sono previste procedure complesse per l’importazione di tali prodotti, che è opportuno, quando non necessario, demandare ad un soggetto locale.

Con il contratto internazionale di distribuzione, com’è noto, il produttore si obbliga a fornire per la durata del contratto, i prodotti oggetto del contatto ad un rivenditore (distributore), che si obbliga a sua volta ad acquistarli e rivenderli in nome e per conto proprio, in un determinato territorio.

Tale contratto prevede la costituzione di un rapporto stabile e duraturo tra l’impresa esportatrice ed i distributori/importatori, trattandosi di soggetti destinati a collaborare nel tempo.

Si riassumono qui di seguito alcuni dei principali temi ed elementi da curare nella negoziazione e stipula di un contratto di distribuzione internazionale.

Forma scritta

La forma scritta del contratto, talora erroneamente percepita come un’inutile formalità, è invece essenziale, sia per la chiarezza della disciplina del rapporto che talora, come sopra ricordato, per necessità legislative legate all’esportazione in un determinato paese. Si raccomanda, specie per i contratti di distribuzione internazionale, di evitare di iniziare a dare esecuzione a quanto discusso solo verbalmente. In caso di controversia, gli oneri di prova dei termini e condizioni del rapporto diventano estremamente difficili ed il distributore estero potrebbe giovarsi di una migliore conoscenza della legislazione locale e del mercato.

Prezzo, modalità e termini di pagamento del prezzo

La chiara indicazione del prezzo, degli eventuali sconti e/o promozioni, delle variazioni del prezzo e delle modalità e termini di pagamento dei prodotti costituisce un elemento basilare del contratto, ma talora non sufficientemente curato, nonostante abbia anche risvolti fiscali. Considerati i rischi di insoluti di soggetti all’estero e la difficoltà di recuperare tali somme in paesi talora lontani e la cui legislazione spesso sfavorisce il creditore estero, è buona norma inserire, ove possibile, la previsione di pagamenti anticipati (perlomeno parziali) e/o forma di garanzie del pagamento (es. lettere di credito, assicurazioni).

Fatturati minimi

Si raccomanda di prevedere, ove possibile, nel contratto l’obbligo per il distributore-importatore estero del vino di raggiungere determinati volumi minimi di vendita, con facoltà per l’esportatore italiano di recedere dal contratto in caso di mancato raggiungimento di tali minimi. Tale clausola consente di liberarsi dal rapporto nei casi in cui il distributore sia inadeguato o inefficace nelle vendite, specie nei casi in cui questi abbia l’esclusiva per un determinato paese.

Marchi e proprietà intellettuale

Uno dei principali rischi da considerare è che vi possano essere utilizzi non corretti nel paese estero del marchio dell’esportatore del vino o che il distributore estero possa con il tempo cercare di appropriarsi del marchio stesso sul territorio locale.

E’ opportuno – in aggiunta agli ordinari strumenti di tutela del marchio - chiedere al distributore il riconoscimento della titolarità dei marchi in capo all’impresa esportatrice e il monitoraggio sul suo mercato estero per perseguire tempestivamente eventuali situazioni di contraffazione e/o plagio del suo marchio e del suo prodotto.

Durata e cessazione del rapporto

La durata del rapporto ed i casi di risoluzione/recesso dal rapporto va ben considerata al momento della stipula e disciplinata in modo chiaro nel contratto, al fine di prevenire di dover restare legati a distributori/importatori stranieri (specie se muniti di esclusiva territoriale) di cui si è persa la fiducia o inadeguati.

Lingua del contratto

La lingua del contratto è un elemento talora trattato con sufficienza. Il contratto viene talora sottoscritto con un testo in duplice lingua, con possibilità di controversie nel caso di traduzioni non precise e fedeli. In tali casi, è buona norma precisare quale testo prevarrà in caso di divergenze e comunque farsi assistere da un consulente qualificato per verificare la correttezza della traduzione e la conformità tra i due testi.

Legge applicabile

La scelta della Legge applicabile al rapporto ed al contratto tra le parti rappresenta una pattuizione fondamentale del contratto di distribuzione internazionale, perché le legislazioni hanno molto spesso contenuto significativamente diverso, specie in caso di paesi Extra UE, per cui il medesimo testo contrattuale può condurre a soluzioni ben diverse, a seconda della legge scelta. Ove possibile, è consigliabile applicare la Legge italiana, rispetto alla legislazione locale estera, che oltretutto è spesso scarsamente nota all’esportatore.

Foro competente/Arbitrato

Va inoltre previsto quale sarà l’organo competente a decidere eventuali controversie, nel caso si dovesse verificare fra le parti un contenzioso sull’interpretazione o l’applicazione del contratto.

Nel contratto le parti dovranno indicare a quale giudice affidare la competenza: è opportuno per l’esportatore italiano prevedere come competente il Foro del proprio paese, ma in taluni casi ciò potrebbe non essere accettato dal soggetto straniero o non essere sempre agevole.

Le parti hanno anche la possibilità di affidare la risoluzione di eventuali controversie ad un collegio arbitrale (o ad un arbitro unico), tenendo presente che tale opzione, che ha il vantaggio dei tempi più contenuti, può comportare costi significativi.

I predetti contenuti rappresentano alcuni dei principali temi di un contratto di distribuzione internazionale, i cui contenuti dipendono significativamente dai diversi paesi esteri in cui viene effettuata l’esportazione.

 Tali contenuti andranno integrati di volta in volta con le ulteriori clausole consuetudinarie (termini e luogo di consegna, garanzie, etichettatura dei vini, responsabilità del prodotto, ecc.) ed adattati allo specifico caso, tenendo conto dei paesi esteri in cui si intende esportare i propri prodotti vinicoli ed in funzione delle esigenze dell’impresa esportatrice e delle sue caratteristiche.

 

A cura dell’Avv. Luca Moro, Foro di Padova

 

 

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22/09/2015
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