In ballo la sopravvivenza di settemila aziende

Accessisimo il dibattito legato alla liberalizzazione dell’utilizzo del nome del Lambrusco a livello europeo. Il Lambrusco rischia di poter essere coltivato da tutti in Europa e tutti lo potranno chiamare Lambrusco. Proprio come accade oggi per i vitigni internazionali come il Pinot, lo Chardonnay od il Merlot. Si tratta di una battaglia economica ad un prodotto che ha un suo mercato interessante impostata sulla correttezza del riferimento geografico da cui prende origine dimenticando peraltro che gli studiosi sostengono da sempre che il Lambrusco è per certo il vitigno autoctono nazionale per eccellenza.


Soprattutto ai paesi della penisola iberica che stanno capeggiando questa battaglia. Il Lambrusco sarebbe banalizzato come immagine ed il calo di redditività sarebbe inevitabile visto che per esempio che in Spagna le uve vengono pagate ai produttori molto meno ripsetto all'Italia.
 In ballo ci sono la sopravvivenza di 7.000 aziende viticole del territorio di Reggio e Modena in particolare ma che sconfina leggermente anche a Mantova e Parma.


«Questi vini - puntualizza la senatrice reggiana Leana Pignedoli - sono strettamente legati alla terra Emilia. Questa non è una mera difesa, è una battaglia perché l'Europa scelga le distintività come fattore competitivo dell'agroalimentare valorizzando le peculiarità. Pensare di lanciare sfide sulla genericità e l'omologazione sarebbe miope e perdente».

 

Fonte: Gazzetta di Reggio

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01/02/2016
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