Per fare un buon prosecco ci vogliono i lombrichi

  • 09/05/2016

Ricercatori padovani svelano l’importanza dei lombrichi grandi scavatori nella formazione del terroir amato dal vitigno Glera

Non è un caso che le bollicine più amate necessitino di una particolare tipologia di terroir, e che una specie gigante di lombrico profondo scavatore sua diffusa particolarmente nelle zone di produzione del prosecco.

Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista «Plos One», descrive appunto una specie di lombrichi battezzata con l’acronimo CRODABEPIS (dal nome di alcuni studiosi della biologia del suolo), un enorme lombrico variopinto a bande carnicino purpuree che appartiene alla categoria degli scavatori. Le ricerche sono state condotte da ricercatori dell’Università di Padova giudati dal prof. Maurizio Paoletti del Dipartimento di Biologia  e dai proff. Andrea Squartini e Giuseppe Concheri del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell’Università di Padova.

«Questa categoria di lombrichi (profondi scavatori) – spiega il prof. Maurizio Paoletti, responsabile dello studio – ha modellato e continua a modellare la struttura dei suoli attraverso un legame stretto con batteri e funghi modulando il loro equilibrio e soprattutto governando la presenza di funghi patogeni, nocivi per le coltivazioni.

La diffusione di questa specie endemica copre interamente l’area classica di produzione del prosecco e pertanto è verosimile che la tipologia del terroir di quest’area sia intimamente legata alla presenza di questi lombrichi.»

La ricerca lancia l’allarme su alcune pratiche diffuse nella viticoltura che  causano danni ai lombrichi, quali l’eccessivo calpestamento del suolo, l’impiego di erbicidi dissecanti e soprattutto l’uso di fungicidi, e segnala l’importanza di migliorare le tecniche di coltivazione nel rispetto dell’habitat di questi lombrichi dai quali dipende la qualità di quei particolari terreni che danno i natali a uno dei vini più amati al mondo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
09/05/2016
Redattore: Ufficio Stampa Universit? di Padova

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